domenica 20 dicembre 2015

Cielo e terra. La trasparenza di un diario on line.

Cosa separa la terra dal cielo?
E’ una domanda che mi sono posta in diversi momenti.
Succede però, a volte, qualcosa sposta il punto di vista.
E’ così che ieri ho dato un altro ordine alla questione, tramutandola in affermazione.
Così ora, posso accennare: cosa unisce il cielo alla terra.
Un viaggio che diventa preghiera.
Un pranzo seduti davanti ad un anfiteatro di montagne.
Una siesta che gode del sole.
Una pista da sci senza neve.
Un vento mite.
Una lacrima non trattenuta.
Un te con i biscotti.
Una S. Messa per i coscritti.
Il silenzio di ieri e di oggi.
Lo stupore.
Lo stupore per le cose semplici; che sono imprevedibile richiamo all’essere.
Essere, grazie all’Alterità.
Ecco cosa è la verità: il cielo si unisce alla terra.

E il Natale è solo l’inizio.

sabato 12 dicembre 2015

Il Presepe in sala Parto




Venerdì.
Il pomeriggio volge al termine.
Senza accorgermene è diventato tardi rispondendo all’ennesima mail.
Sono le diciassette ma ho promesso che andavo a montare il presepe.
Faccio per andare in Sala Parto e mi accorgo che ho da tornare indietro per leggere il codice d’accesso della porta d’ingresso a comando appuntato in agenda; purtroppo è tempo che non vado e la memoria inizia a fare “cilecca”.
Arrivo con il mio “sacchettone”.
Entro sotto lo sguardo attento di una decina di parenti incuriositi.
Il corridoio è gremito da “lettini volanti”, che accolgono mamme e neonati.
Deduco che è stato uno di quei giorni “ossitocici”, che fanno correre le ostetriche e in cui partoriscono tante donne.
Chissà cosa sarà mai che induce tanto travaglio.
Sarà l’aria del Natale.
Sarà la voglia di nascere.
Sarà che Dio non si è ancora stancato dell’umanità.
Cerco la capostetrica e le confermo che monterò il Presepe.
Il 18 dicembre la giuria verrà a fotografarlo e dovrà valutare se sarà il più bello dell’Ospedale. Non possiamo rimandare che sia pronto.
Inizio a cercare uno scatolone. Trovo vuoto quello dei set di assistenza al taglio cesareo. E’ sufficientemente alto e largo. Procedo.
Cerco l’angolo protetto dall’albero di Natale, nell’area del pre/post-parto.
Lì saremo tutti più tranquilli.
Mi inginocchio sul pavimento, osservata da una mamma che allatta la neonata tenendola pelle a pelle.
Rivesto lo scatolone con un lenzuolo verde.
Inizio ad estrarre dal “sacchettone”: la capanna, la sacra famiglia, i due pastori, le sei capre, le cinque pigne e qualche sassolino sciolto.
Mi ero riproposta di fare delle pecore, ma sono venute “cornute”, pertanto sono verosimilmente delle capre.
Capra o pecora, tutti i personaggi ora sono sotto una pioggia di aghi di larice che, abbondanti e resinosi, ricoprono il piano d’appoggio, trasformandolo da verde ospedaliero ad oro di montagna.
Sono soddisfatta.
Chiamo la capostetrica e insieme scattiamo qualche foto.
Un bambino grandicello - fratellino di qualche neonatino - si avvicina all’opera e chiede: “di cosa è fatta?”.
“Di sassi”, rispondo io. “Ma non solo. Comunque di cose che ho trovato in montagna”.
“Bello”.
E’ la reazione che desideravo.

Lo sguardo puro riconosce la bellezza; così come il corpo anela alla dolcezza del riposo; così come il mio cuore è in attesa del Santo Bambino.

giovedì 3 dicembre 2015

Avvento e aghi di larice

L’ultima volta che sono stata nella casa di montagna ho fatto una gita meravigliosa e ho sfruttato il fatto che, salendo con la quota, i larici avessero lasciato cadere i loro aghi, per raccoglierne un sacchetto.
Gli aghi mi servono perché sono una di quelle donne che crede nel S. Natale, e che in attesa che arrivi, si attrezza per realizzare il Presepe.
Il Presepe lo costruirò in Sala Parto, come ormai è consueto da tanti anni a questa parte.
Negli ultimi due anni, si è poi aggiunta la possibilità di vincere il premio del “Presepe più bello dell’Ospedale”, per cui oltre alla mia volontà produttiva, si associa l’essere precettata dalle coordinatrici dell’area. Pertanto ho tutte le autorizzazioni per procedere.
Ora, gli aghi di larice sono come me in attesa, perché prima che vadano a rappresentare la terra, c’è bisogno che con la imminente ulteriore ascesa montana, io recuperi delle pigne per fare gli alberi, e dei sassi per fare le pecore. Sassi che devono esser grandi per i corpi, e piccoli per le quattro zampe e la testa. Almeno tre pecore, quindi tre grandi e quindici piccoli.
Il silicone per incollare i pezzi è già sulla mia scrivania. Anche lui in “Avvento”.
Detto questo, per ora ho silicone ancora sigillato, aghi nel sacchetto e la Madonna il bambinello e San Giuseppe già fatti tempo fa.
Ma ieri gli aghi mi hanno sorpresa.
Ho deciso di iniziare a portarli al lavoro, così al mattino presto, quando sono scesa in garage, li ho trasportati e li ho messi in macchina con me. Di lì a poco, mi sono accorta che iniziavo a sentire nel veicolo un profumo particolare, inconfondibile, come essere nel bosco di fianco a quella baita che aspetta con il camino acceso. Sorprendente! La fragranza simile a quella della resina, ha iniziato a pervadere l’aria e a effondermi dolcezza di riposo.
Per me l’olfatto è essenziale.
Il sacchetto l’ho poi chiuso nell’armadio del mio ufficio tutto il tempo del lavoro, fino a quando non è arrivata nel primo pomeriggio una docente che mi ha salutata, manifestando una stanchezza tale da commuovermi.
Cosa potevo fare oltre che guardarla con tenerezza?
Mi è venuto un guizzo.
Le ho detto: “Chiuda gli occhi”.
Ho preso il sacchetto, l’ho aperto e glielo ho messo sotto le narici.
Le ho chiesto di inspirare profondo.
Per un attimo ho avuto timore che la cara prof aprisse gli occhi e mi dicesse che ero un po’ matta, invece l’effetto sortito è stato il ricalco della mia esperienza.
“Che buono!” Mi sono sentita dire. Ed io: “E’ per regalarle un po’ di dolcezza di riposo. E lei: “Ha ragione, risposa”.
E così sarà il mio Presepe: la culla del Bambino che è dolcezza di riposo!

Morale: buona ascesa montana per i prossimi giorni, buon desiderio di ricercare ciò che riposa il cuore, buona attesa del S. Natale!

giovedì 5 novembre 2015

Mi sento gialla

Mi sento argento: alla mattina al risveglio, una delle prime cose che faccio è scegliere una collana e un paio d’orecchini da indossare.
Mi sento rossa: prendo la metropolitana e i vagoni sono dominati dalla tinta della linea.
Mi sento azzurra: alzo gli occhi al cielo e constato che anche oggi è una bella giornata.
Mi sento bianca: quando il lavoro di scrivania diventa lungo, scatta lo screen saver e sono improvvisamente catapultata sulla neve che traluce dallo schermo.
Mi sento gialla: la pausa pranzo mi permette di attraversare i giardini della Guastalla, fermarmi qualche istante per alzare lo sguardo, e lasciarmi incantare dalle fronde degli Alberi dei Tulipani.
Mi sento marrone: mi permetto per qualche passo di affondare i piedi nelle foglie appassite degli ippocastani.
Mi sento nera: ascolto con amarezza cosa vorrebbero “modificare” dell’esperienza di tirocinio fatta la scorsa estate, le studentesse del secondo anno.
Mi sento arancione: alla fine della lezione/incontro, chiedo per chiudere i lavori, di salutarci pronunciando un colore o una parola. Le due studentesse che ho di fronte fanno evidentemente riferimento al pile che indosso.
Mi sento oro: sto tornando sui miei passi, sulla guglia maggiore della Cattedrale svetta la Madonnina illuminata.
Mi sento grigia: mi trattengo qualche istante in più nei garage, cercando di aiutare i due generi del Mario, che lo aiutano a camminare sostenendolo di peso.
Mi sento verde: mi concedo di viaggiare con la memoria e di incrociare il Tuo sguardo.

Mi sento colorata: lascio che si chiudano gli occhi per un momento, vorrei immedesimarmi con la profondità del Tuo cuore.

sabato 31 ottobre 2015

Un uomo cavaliere (2)

 
Questa mattina, come di consueto il sabato mattina, dopo il giretto per comprare il pane, ho raggiunto la “Pieve”. Entrando – dopo il dovuto religioso saluto – ho  trovato posto alla solita panca che mi permette di scrutare da vicino la “nicchia del cavaliere”. Posto che scelgo per sentire un compagno nella preghiera.
Ad un tratto odo il passo veloce e leggero di un bambino di circa tre anni, che correndo arriva ad affacciarsi alla corda che protegge la nicchia dalla navata. Stirando la corda con le manine, così da toglierla dall’altezza dei suoi occhi, per poter vedere meglio, sospira: “Che bello!”  
Lo guardo e gli sussurro: “C’era dentro un guerriero. C’era dentro un cavaliere!”
Mi guarda. Reggiamo reciprocamente lo sguardo, il tempo necessario per rendere certa l’intesa. Il bambino si allontana e prende posto vicino al suo papà, che lo teneva controllato da lontano.
Dopo qualche istante arriva una donna, che conosco bene. Si avvicina e si siede al mio fianco. Le lancio un’occhiata che lei coglie per mormorarmi: “Ma perché ti sei seduta qui? Che schifo, questa è una tomba”. Incompresa, rispondo: “E’ bella!”.
Termina la celebrazione, che di li a poco era cominciata. Esco e lascio “Pieve” e cavaliere.
Il tempo di passare dal cartolaio e tornare a casa, per pensare.
Perché un sarcofago scavato nella terra è bello? Cosa ha notato quel bambino che guardo anch'io? Pertanto, cosa ha visto - o meglio - cosa non ha visto la donna al mio fianco?
Ecco che il pensiero risponde alla verità sottesa dalle domande scritte: è bello vedere l’oltre. E’ bello vedere oltre ciò che appare.
Spesso, se ci fermiamo all'apparenza delle cose, le cose appaiono “brutte”, quando in realtà, nel loro compreso, sono davvero “belle”.
E’ questo “oltre” che ha colto lo sguardo del bambino e che colgo anch'io.
La nicchia vuota, umida e mortifera, in realtà trasfigura di un uomo disteso, caldo e nobile.
Con questo comprendo anche di più una frase che i più sono convinti sia stata scritta nel “Caligola” di Albert Camus - perché così fu detto della citazione - in realtà è stata detta da Che Guevara e ripresa dal mio maestro: “Siate realisti, domandate l’impossibile!”.

Così, resta che ci sarà chi riderà, e ci sarà chi non comprenderà … ma io e quel bambino continueremo a “essere realisti e a domandare l’impossibile!”

venerdì 16 ottobre 2015

Snoopy e &





Mi spiace... ma questo non me lo perderò!

domenica 11 ottobre 2015

Una domenica per pensare, una domenica per studiare ... una domenica per "smentire" la tragedia indicata da Sini

" … La verità è la tomba dei filosofi".
Nessuno la degna più di uno sguardo
"La signora è decisamente invecchiata".

Carlo Sini si esprime
Antogno Gnoli lo intervista

La Repubblica 10 maggio 2015

venerdì 9 ottobre 2015

Questioni di "cuore"

Sento, senza voler ascoltare, il dialogo tra due giovani fanciulli di circa 16/17 anni. L’uno suggerisce all’altro: “Io la vorrei alta, bionda, magra, bella e sexy”. L’altro asseconda.
Reagisco immediatamente tra me e me, considerando: «E io lo vorrei sensibile, comprensivo, buono, determinato e leale».
A questo punto mi fermo a pensare qualche istante e sorrido di sottecchi, quando con il ragionamento mi lascio trasportare dal gioco di confronto tra aggettivi. Accoppiandoli due a due, resta l’apparente abisso tra il desiderio manifestato da cuori giovani – forse troppo giovani -  e un cuore più stagionato… e francamente d’indole femminile.
Resto ancora un attimo assorta, per chiedermi se quello che di getto si dice e pensa, esprime fino in fondo quello che realmente si vorrebbe. Mi rispondo un “ni”.
Di fatto, credo che l’apparenza può colorare una tela, ma il significato del quadro è più profondo.

In sincerità sfido chiunque a non confermare che la verità è - a prescindere da come attrae e si manifesta - che l'altro, lo vorremmo «per sempre».

lunedì 5 ottobre 2015

Libero pensiero per la nascita di Camilla


Si nasce con la gioia di poter cominciare.
Si vive per la gioia di poter ricominciare.
Evviva l’essere spettatrici del nascere e del vivere!

giovedì 24 settembre 2015

venerdì 4 settembre 2015

Pianeta donna

Si trova spesso scritto che la donna è come la Terra. E’ proprio vero, la donna è come la terra perché genera, e come la Terra genera, perché alterna le sue stagioni. Nel mese, come nel corso dell’anno, così come nel corso degli anni. E’ infertile, si prepara ad essere fertile, è fertile e si richiude nell’infertilità per poi riprendere. E’ acerba, è pubere, è adulta, raggiunge la maturità e lascia che le rughe la segnino perché possano crescere i di lei frutti. La donna è ciclica come la Terra e come la Terra sa girare godendo del sole e godendo della notte. Sa girare sorridendo e piangendo. Regala una carezza e regala una lacrima. C’è il momento della gioia e c’è il momento in cui non riusciamo a trattenere la commozione. A volte è difficile comprenderci, così come è difficile comprendere la Terra. Geologia, scienze naturali, zoologia, astronomia, astrofisica… e non riusciamo a contenere la Terra; come possiamo illuderci che la ginecologia e l’ostetricia possano contenere la donna? Siamo incontenibili, eppure sappiamo contenere, sappiamo tenere, così come sappiamo custodire e partorire. Ancora sappiamo prenderci cura, nutrire. Che bello il femminile. E’ assolutamente affascinante. E allora una preghiera: che l’uomo protegga la Terra, che la donna continui ad amare. 

domenica 30 agosto 2015

Vacanza e non vacanza, per imparare a volare

Concludere le vacanze mette nelle condizioni di togliere gli occhiali da sole. Togliere quelle lenti che permettono di guardare la realtà che mi circonda con un colore meno duro, meno aggressivo, forse un po’ rosato. Essere in vacanza è guardare con occhi di riposo. Ne ho tanto bisogno a volte. Guardare con un giusto distacco. Entrare nella dimensione del tempo che si dilata in attività senza scadenze da cartellino. Fare profonde e lunghe dormite, lasciare che lo spazio del risveglio aspetti che il sole arrivi sulle coperte e cominci a baciare i piedi; grazie all’aver aperto la finestra per tempo. Ascoltare lo scorrere del torrente prima di decidere di alzarsi per la colazione. Permettere alla mente di pensare solo ad una cosa intensamente, senza interruzioni da telefono, mail o riunioni impreviste. Riconoscere che i sentieri sono per camminare e per conquistare mete per cui non è immediatamente indispensabile misurare i tempi di arrivo. Traguardi per cui non si ha da consegnare la progettualità su carta intestata. Mi pare di poter dire che se cerco cosa rende possibile lo sguardo vacanziero, se dovessi dare un altro nome agli occhiali da sole, direi che si tratta di un fattore che normalmente rischio di escludere. Normalmente penso di determinare io le cose che si succedono nella giornata, quasi come se tutto debba essere determinato dall’agenda. La “vacanza” invece sposta, lascia entrare l’imprevisto, lascia che siano le cose a venirmi incontro e non io a sopraffarle. Lascia volare. Ecco allora che forse il tempo della vacanza può non concludersi. Anche se sono sopraggiunte le temute telefonate, mail e date di riunioni; posso guardare i messaggi che mi rassicurano perché trovo scritto in ultima riga: non preoccuparti troppo, vedrai che si troveranno le soluzioni … e io penso: posso sperimentare anche ora - anche se l’ora di adesso non la considero più vacanza - che ciò che mi viene incontro non sarà contro, sarà per me, sarà perché io possa vivere e possa farlo intensamente.


sabato 25 luglio 2015

Un uomo Cavaliere

Abito a ridosso di una Pieve, e tutte le volte che entro con riverenza, mi metto in modo da poter scrutare da vicino quel punto preciso del pavimento, dove il cristallo lascia intravvedere l’area di sepoltura di un cavaliere medioevale. Il sepolcro, ora vuoto, è stato studiato nel momento del ritrovamento della reliquia, e l’uomo a dismisura alto per quel tempo, è stato identificato come un soldato di rango, reduce di crociate. Quattro croci rosse sono disegnate nel sarcofago: una alla testa, una a piedi e due all’altezza della cintola. Nel resto dello spazio, il loculo resta semplice, senza decorazioni, con la forma che rispetta un anfratto per la calotta del cranio, un dilatarsi per le clavicole e un ridursi fino ai malleoli. Forse gli uomini scaltri che hanno scavato la superficie della roccia, hanno pensato di definirla giusta per raggiungere la sufficienza, senza esagerare, senza dare troppa importanza a chi sicuramente era già grande di cuore.  Mi affascina immaginare che per secoli, quell’uomo sia rimasto nel nascondimento, orante silenzioso fino ad essere dimenticato, e che poi tutto ad un tratto abbia deciso di riaffiorare, quasi a dire che il nostro stato di mendicanti è per i più sconosciuto, ma prima o poi va riconsiderato. Chissà quale onore ora ha nei cieli un uomo così, che è rimasto fedele alla sacra Casa. Chissà quale sarà stato il suo nome e il suo desiderio. Se fosse possibile definire il nome con la mia fantasia, lo chiamerei Angelo - perché tutte le volte mi porta un messaggio; o forse lo chiamerei Michele, perché è un angelo che ha saputo lottare. Per quanto riguarda il desiderio lo definirei Infinito – perché tutte le volte mi lascia la speranza di poter conseguire anch’io l’infinità.

lunedì 13 luglio 2015

Oggi

Oggi. un giorno come tanti altri, un giorno assolutamente normale e come tale, un giorno in cui succedono una miriade di cose a cui si dà poca importanza. Eppure, ogni giorno è speciale, così come è speciale l’oggi. Basterebbe mettere a fuoco la lente dei giusti occhiali per vedere che quelle miriadi di cose che accadono, in realtà sono miriadi di frammenti di cose che non si ripeteranno più. Cose uniche, che l’oggi dona e che porteranno il giusto frutto domani, se le sapremo coltivare. E’ così che oggi, tra le miriadi di cose che ho fatto - e che neanche ricordo più - ho potuto telefonare ad una cara amica che compie i 48 anni. Mia coscritta, ho occasione di congratularmi con lei ogni 13 luglio, dal 1982. Fate voi i conti di quanto tempo è passato e di quante occasioni abbiamo avuto per festeggiare il fatidico giorno, compreso quello in cui abbiamo compiuto i diciotto anni! Così, sempre oggi, ho potuto sentire anche un’altra cara amica che non ha fatto i diciotto anni, bensì 18 anni fa, il 13 luglio, ha partorito il suo primogenito, che oggi compie la maggiore età. E così, a partire da queste due festose scadenze, ho potuto far mente locale sul bello che è riconoscere quello che hanno costruito le miriadi di frammenti che si sono succeduti nei giorni assolutamente normali, e che hanno portato al 13 luglio che è ora. Basta poco per risvegliarsi dal terribile torpore dello scontato e della noia, basterebbe ricordarmi che ogni istante del giorno è l’anniversario di qualcosa di buono e di bello che è successo nella mia vita, non fosse altro per il fatto che mi è dato di esserci oggi, più di ieri, più di quando si pensava di aver raggiunto la maggiore età..
5/9/1985 - 18 anni rifesteggiati a Foppolo

domenica 5 luglio 2015

Un sabato mattina e la cornacchia grigia

Oggi al mio risveglio, ho dedicato le mie prime energie al consueto giretto che mi porta a comprare il pane per la settimana. I soliti convenevoli con la signora che serve al banco, e il dovuto sorriso al panettiere che si sporge dalla porta del forno. Pochi minuti e mi ritrovo a camminare  degustando piacevolmente i bocconcini ancora caldi. Sono già al secondo, quando ad un tratto mi arresto notando che dall’altra parte della strada c’è una grossa cornacchia grigia appollaiata sopra ad un cancello che mi osserva. Sono certa, mi sta guardando dritto negli occhi. La saluto con un “Ciao”, cosicché se qualcuno mi vedesse potrebbe pensare ad uno slancio di follia, e nel tempo dell’arrivederci intuisco che la sua attenzione è rivolta soprattutto al mio panino. A questo punto, stacco un pezzo di pane sufficientemente grande per essere visto e gradito, e lo lancio nel centro del selciato a senso unico, e resto ferma. Sulle prime mi pare che la cornacchia non si sia accorta del mio dono e un po’ delusa riprendo a camminare lentamente. Il pennuto non muove passo, se non il collo così da direzionare solo l’occhio destro al mio sguardo. Ho raggiunto una distanza di circa un centinaio di metri e il volatile con fare circospetto si dirige a balzelloni con estrema precisione a pizzicare col becco il prelibato bocconcino. Pertanto, devo dedurre con certezza che la morale sottesa è: non solo la cornacchia mi ha saputa guardare, bensì ha saputo aspettare nel procedere il momento più opportuno. Finale: la cornacchia grigia conosce la scaltrezza ostetrica.

martedì 30 giugno 2015

La metafora della bestiola


A volte, penso che nel mio umano ci sia richiamo alle diverse doti che ritrovo in animali che mi circondano:
la necessità di appartenere ad un branco, come il lupo;
la volontà di amare tutta la vita lo stesso maschio, come il falco;
essere fedele e leale, come il cane;
realizzare cibi deliziosi, come l’ape;
curare il mio corpo con minuzia, come il gatto;
cambiare d’abito a seconda della stagione, come l’ermellino;
apparire colorata, come la coccinella;
concepire e partorire nel nascondimento, come la volpe;
fare fatiche incredibili, come la formica;
lasciare che il cucciolo sia accudito dal “papà”, come il pinguino;
curare tanti piccoli insieme, come l’elefante;
essere intraprendente nel rischiare la vita per i “figli”, come la leonessa;
nutrire la prole, come la capra;
avere il senso dell’altruismo, come il licaone;
avere il rifugio della tana, come la marmotta;
il bisogno di territorio proprio e nello stesso tempo di andare lontano, come l’orso;
poter salire in cima ad una montagna, come lo stambecco;
correre nel sottobosco, come il cervo;
prendere del tempo per andare in letargo, come lo scoiattolo;
chiudermi in me stessa, come la tartaruga;
mimetizzarmi per non farmi vedere, come il camaleonte;
intrufolarmi in qualche baita, come il topolino;
godere della siesta, come l’ippopotamo;
desiderare di giocare, come la scimmia;
nuotare godendo dell’acqua, come il delfino;
voler essere veloce nella corsa, come un ghepardo;
diventare aggressiva, come il rinoceronte;
tornare docile al richiamo, come il cavallo;
prendere la giusta distanza dalle cose, come la giraffa;
essere lenta nel distacco, come il bradipo;
desiderare di lavorare per la costruzione indefessamente, come il castoro;
non voler lasciare la terra, come un vermiciattolo;
desiderare il cielo, come l’aquila.

venerdì 26 giugno 2015

Sola

Una sera tra me e me,
per tornare dal lavoro stanca,
per distinguere la luna alle sei del pomeriggio,
per ritirare i panni stesi asciutti lasciati sotto ai panni bagnati,
per ascoltare il silenzio,
per assemblare un quadro che aspetta da tempo di essere appeso,
per considerare che una volta tanto si può cenare con due pesche noci,
per godere sul balcone delle lunghe ombre del crepuscolo,
per sistemare i conti in sospeso,
per sorseggiare lentamente l’acqua fresca,
per scrivere un pensiero senza l’interruzione di chi ha bisogno del computer,
per lasciare che il tempo scorra rispettando le canoniche scadenze,
per non far partire l’aria condizionata che spesso è inutile oltre che dannosa,
per caricare la lavastoviglie anche se il piatto sarà uno,
perché nessuno è rimasto a casa,
perché ogni tanto gli eventi corrispondono al desiderio di stare soli,
per lasciare che la sera m’investa con dolci pensieri,

perché domini l’amabile memoria. 

lunedì 8 giugno 2015

Se Dio Vuole: Trailer


“Se Dio vuole” il titolo di un film che valeva la pena andare a vedere, infilandomi in un cinema del centro, frequentato quasi esclusivamente da nobili figuri, dai capelli bianchi.
Un titolo che post visione trasformerei in: “Come lasciarsi cambiare lo sguardo e il cuore”. Di fatto, durante la proiezione di un’ora e mezza è questo che accade: il miracolo del cambiamento di un io, interpretato dal figlio del grande Gassman.
Ho divorato tutto il pacchetto di caramelle gommose nel terrore che si trattasse di una interpretazione blasfema o irriverente, mentre invece ho potuto constatare il tocco delicato di un regista che ha idea del Cristianesimo e di cosa possa voler dire: abbiamo tutti bisogno di essere voluti bene da Colui che c’è, basta educare gli occhi a riconoscerLo e non avere paura del fatto che il percorso per raggiungerLo può non essere quello che ci eravamo immaginati.
Buona visione, se riuscite a raggiungere la proiezione per tempo!

Questi sono film che non fanno cassetta … e girano “troppo poco”.

venerdì 15 maggio 2015

La Bellezza di sempre


La Bellezza di oggi, e di ogni istante, è riassunta da un frammento di brano scritto dal mio Santo protettore, che oggi ho potuto ascoltare.
Sottolineo: che ho potuto ascoltare, non leggere. Non l’ho potuto leggere perché non avevo con me gli occhiali. Non mi è più possibile interpretare lettere in quelle piccole macchie grigie, che ormai sono ai miei occhi le parole stampate.
Pertanto, cosa ha detto quella frase?
“Fratelli, noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne”*.
Caspita, vero da subito anche grazie alla minuzia di non scorgere, bensì di udire.
Di fatto la verità del contenuto di quell’invisibile scritto ha raggiunto il mio cuore e ci sto pensando ancora ora, quando chi l’ha letto l’ha fatto più di dieci ore fa.
Diversi hanno raccolto il significato profondo di questo dire. Saint-Exupéry lo riprende nel “Piccolo Principe” e chissà quanti altri.
Anche io mi permetto di riprenderlo, perché oggi è stato emblematico.
La gioia di una festa non si può misurare, il dolce di un caffè non è solo legato allo zucchero che si può aggiungere, la bellezza di un sorriso non soddisfa perché lavorano i muscoli facciali.
Il bene possibile è come legami lievi, che fa da trama e ordito al tessuto vitale.
La possibilità di godere dell’invisibile agli occhi è propria di un cuore educato ad essere libero.
La sfida dell’eternità è saper attendere che si sveli quel che è celato dall’apparente.

*Tratto da seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 4, 18 - 5, 9

lunedì 11 maggio 2015

Casuali coincidenze o volontà impazzite? E' sempre la solita storia...

Camera Daria
Grazioli Grazia
Viola Celestina
Fuoco Modesto
Grandiosa Gloria
Felice Norma
Gallo Bruno
Gallina Rosa
Vaga Fiammetta
Grosso Angelo
Tortorella Bianca
Bacchetta Chiara
La Torre Pia

Vi prometto che alla prossima segnalazione delle studentesse in ostetricia, le autorizzo a non procedere con le denunce di nascita.

domenica 10 maggio 2015

Archetipo di vacanza

Ho necessità di comunicare con un operatore Tim.
Mi ritrovo con un abbonamento che non ho mai consapevolmente attivato.
Digito il 119.
Attendo l’elenco infinito dei numeri proposti.
Digito 2.
Attendo l’elenco infinito dei numeri proposti.
Digito 6.
Attendo l’elenco infinito dei numeri proposti.
Digito 5.
Attendo l’elenco infinito dei numeri proposti.
Digito 1.
Attendo l’elenco infinito dei numeri proposti.
Digito 0.
Attendo e finalmente sento una voce non registrata, viva.
Mi viene chiesto qual è il mio problema. Segnalo di essere rimasta vittima di una truffa segnalatami da un sms. Io non ho mai attivato volutamente quel contratto. L’interlocutore non pare sorpreso, mi conforta dicendomi che si chiamano “trappole” , i sistemi informatici per cui cliccando su una foto o qualcosa di apparentemente innocuo, si viene catturati da veri e propri ladri senza scrupoli.
Mi viene chiesto il nome del sito interessato e mentre si cerca di disattivare il contatto non voluto, la tosse allergica tradisce il mio stato di salute. L’interlocutore incuriosito chiede se è per l’asma che viaggio su siti con nomi che ricordano farmaci. No, segnalo che non è per quello, perché la mia allergia è già curata. La voce inizia a confrontarsi su possibili antistaminici efficaci. Si ritrova nelle stesse condizioni. Il confronto è produttivo e ad un tratto l’operatore mi chiede che provenienza tradisce il mio accento. Milano, rispondo io. A mia volta chiedo e mi sento dire: partenopeo.
Mi piace pensare a zone geografiche così belle, alla bella Italia, e faccio presente che quei posti meravigliosi ieri sera non avevano niente da invidiare al clima che ha permesso di organizzare la cena sul balcone, in quei dell’hinterland milanese. Ma l’interlocutore rilancia, con fare nobile, senza allusioni o equivoci, che la cena dal balcone vista luci dell’isola d’Ischia è probabilmente più bella ancora. Confermo. Pertanto, induco a pensare che sono stata da quelle parti almeno una volta nella mia vita. Ma no, non sono mai stata, sono giusto passata ad alta velocità. Ho visto il golfo di Napoli dall’autostrada, quando ero diretta a Marina di Camerota, nel Salernitano, diversi anni fa. Non è possibile, mi sento rispondere. Signora la sua prossima vacanza deve assolutamente prevedere un viaggio all’isola d’Ischia, anche se fosse inverno, perché nella Baia di Sorgeto si può immergere tutto l’anno. Il calore delle sorgenti è tale, che i sassi della piccola spiaggetta sono quasi incandescenti. Riprendo: ci si può sempre organizzare per arrivare con una barchetta, magari in una stagione non troppo affollata. Vengo approvata con vivacità.
Insomma, la truffa è risolta, il telefono definitivamente schermato e il dialogo freddo e meccanico di un operatore Tim si è trasformato in un colloquio d’attrazione turistica.
Evviva, anche oggi si pranza all'aperto!
Evviva l’estate! 

Auguri mamma

Grazie Google

giovedì 16 aprile 2015

Quarant'anni dopo



Un giorno un amico mi ha detto che il tempo è galantuomo.
E’ vero: il tempo è galantuomo, perché il tempo è vita.
Il tempo è come il mare.
Un mare in burrasca, che porta a secca quello che pensavi alla deriva.
Un mare calmo, che lascia galleggiare le impurità e custodisce sommerso il profondo.
Un mare appena appena increspato dal vento, che fa trasparire le rughe dello scorrere dei giorni.
Il tempo è galantuomo, perché rivela il vero con il suo scorrere.
Così come la vita, il tempo porta all'essenza delle cose.
Man mano che i rami si irrobustiscono e le fronde si ammantano, il tronco affonda con le radici dove è l’essere.

sabato 28 marzo 2015

Dalla magnolia al pioppo

I giorni di luce degli ultimi tempi permettono di scorgere cose non sempre apprezzabili. I fiori della magnolia colpiscono anche quando il cielo è grigio, le propaggini ancora spoglie del pioppo hanno dovuto aspettare una mattina di bagliore, per essere distinte.

Mettersi a tavola per fare colazione, avendo il tempo di sollevare le tende per lasciare entrare il chiarore del mattino, ha fatto si che i miei occhi si fissassero sugli alberi che svettano dal prato aldilà della piazzetta. Gli alberi sono sempre un’attrattiva per me. Li amo perché li sento particolarmente forti, vivi, longevi. In particolare quello gigante, robusto, che sovrasta tutti gli altri, cattura la mia attenzione. E’ un pioppo. Un pioppo dai grandi rami ancora secchi, liberi dalle fronde. Guardandolo bene, vedo che il tronco principale si staglia in diversi rami secondari, e questi, prima di diventare tante sottili frasche, raggiungono il numero di cinque. Come le cinque dita di una mano, così il pioppo si erge al cielo. E’ l’albore della settimana giusta per vivere la supplica. La supplica del pioppo che attende le foglioline che lo popoleranno tra qualche giorno, rinverdisce la supplica di salvezza del mio cuore, in attesa della Pasqua.



mercoledì 18 marzo 2015

E’ fiorita la magnolia

Ai piedi della sala parto c’è in piccolo giardinetto che nutre una magnolia. Il mio sguardo per quasi cinque anni, si è posato tante, tante, tante volte su quell’albero. Mi ricordo bene, era uno sguardo che cercava riposo, quando dalla finestra del cucinotto, mi appoggiavo al davanzale sorseggiando l’ennesimo caffè, o l’ennesimo tè. Questo a seconda se era notte o se era giorno; anche se la circostanza era sempre la stessa: qualche minuto di intervallo per poi riprendere a seguire un travaglio, a strumentare un cesareo, ad “accettare” una donna. La sala parto è sempre stata frenetica, oggi come allora, e forse oggi più di allora. La magnolia è sempre stata pacata, lenta. Oggi come allora. Come una donna gravida. Quell’albero che d’inverno passa inosservato, spoglio, basso; ad un tratto verso marzo aprile si disincanta, e domina il piccolo spazio che lo rispetta. Io, nei momenti di pausa, registravo lo scorrere delle stagioni guardando quell’albero, come mi accade di fare guardando una donna che spinge: un’attesa di sorpresa; in attesa di stupirmi. Le fronde verdi, le foglie del colore della terra, la neve sulle fronde. Poi finalmente il “vagito”: un’esplosione di fiori giganti, di rosa sfumato dal pastello, al carico. Caldi, turgidi, coprenti l’osso dei rami. Una gioia! La certezza della primavera alle porte, della vita che non abbandona. Anche oggi si è posato il mio sguardo sulla magnolia, sui suoi boccioli, sul suo colore. Non ero però al davanzale del cucinotto, anche se la circostanza era ancora una volta la stessa: un breve intervallo di riposo tra l’attività del primo mattino e l’inizio della prima ora di lezione. La scaletta di ferro che scende al bar interno alla Mangiagalli è proprio a bordo delle radici della pianta. Un caffè preso scendendo al piano meno uno - così come il caffè preso nel cucinotto del primo piano – rispondono allo stesso desiderio di pausa rigenerante e offrono lo stesso spettacolo. Anche se passano gli anni, anche se cambiano gli impegni lavorativi, ancora oggi il mio cuore resta come la linfa della magnolia: desideroso di vita, capace di maieutica.

mercoledì 4 marzo 2015

domenica 1 marzo 2015

Preludio di primavera

Oggi si è fatta sentire la carezza della primavera. Oggi, primo giorno di marzo, al risveglio il tempo era mite. Ho deciso di mettere la giacca primaverile e di concedermi una giornata “zingara”. Ogni tanto mi capita di svegliarmi alla mattina – o meglio di andare già a letto la sera – con il desiderio che il tempo non sia dettato dalle scadenze dell’orologio o degli impegni prefissati. Inoltre, il desiderio è di stare un po’ sola. Sola con me stessa. In silenzio. Un silenzio per ascoltare i miei tempi, lasciando che siano quelli che sono. Non scanditi dall’insieme. Così un primo del mese per pellegrinare. Concedermi d’alzarmi dopo il solito, di fare colazione con calma, di uscire, di incontrare un volto amico … così da lasciarmi accarezzare dai preludi della primavera, godendo di pace e sole. Passare in uno o due negozi - che restano aperti anche la domenica - per cercare cose che forse non esistono. Fare tardi sul pranzo; che diventa l’occasione per stare ad un tavolino all’aperto. Recuperare un acquisto in saldo; perché so di aver messo il buono sconto - datato per oggi - in borsa. Passare dalla palestra per sfruttare l’assenza di sportivi; per fare qualche vasca. Ripartire verso casa fermandomi al super; per riempire il bagagliaio di frutta. Così una domenica insolita; quando normalmente incontro tante persone e tante persone con cui si ha da discorrere. Ma oggi va bene così; l’avevo preannunciato trovando consenso. In fondo non è male riconoscere che a volte si ha da dire poche parole. Oggi, avevo solo da dare e ricevere la carezza della primavera.

sabato 7 febbraio 2015

Sabato mattina

Alzarsi prima di quanto la necessità chiede, per avere cinque minuti per me, per pensare, per camminare in silenzio. E’ fatto che si perpetua tutti i sabato mattina. Con la scusa di comprare il pane, esco. Esco così come sono uscita di casa oggi, sgattaiolando fuori dal caldo, aprendo con il minor rumore possibile il blindo, quasi per non farmi sentire. Così comincia il cammino che costeggia le case basse, ancora addormentate, con le tapparelle chiuse e i giardinetti con i vialetti spazzati. Ormai non sono più bianchi neanche i tetti. Nella notte la neve si è sciolta quasi tutta, e nei pochi mucchi rimasti sulla strada, i solchi dei piedi che li hanno calpestati sono profondi, bagnati. In realtà, forse, ora, sta piovendo. Goccioline sottili e ghiacciate cercano di attraversare il cappello e la sciarpa di lana, ma io non sento il fastidio della pioggia leggera. Così come mi rallegra il fiocco di neve, resisto al clima del mattino umido. Raggiungo il fornaio con passo lento, quasi non volendo accorciare troppo il tempo che mi concedo per stare sola. So chi incontrerò in panetteria: la signora che mi servirà chiedendomi: “Il solito?” e Nicola. Quell’omino anziano di un’età indefinibile, che porta sempre con sé un cagnetto non suo. Loro fanno parte del momento, del rito, delle due parole che vanno oltre la cortesia perché il “Buongiorno signora” è sincero. Può partecipare al tutto anche il panettiere, il marito della signora che sta riempiendo il mio sacchetto di bocconcini caldi. Quando capita che si affaccia alla porta che mette in comunicazione il forno con il negozio, come oggi, gli concedo sempre un largo sorriso. Cosa c’è di più bello di un uomo che ti dà il pane? Il pane per il corpo e il pane per lo spirito? Sono ciò che c’è di più bello al mondo, insieme alle montagne e al cielo. E all’uscita dal negozio, la conclusione della prassi. Incamminarmi per partire con le attività che il giorno chiede, assaporando il pane appena sfornato. Uno, due, a volte tre panini. Tanto sono piccoli … penso sempre tra me e me; giustificando la ghiottoneria. E così il pensiero e il cammino terminano, per dare spazio a nuovi incontri e faccende, alimentata da un inizio semplice.

domenica 4 gennaio 2015

Come oggi


Inizio anno 2015

C’è un modo di dire simpatico che tutti gi anni, quando comincio l’anno, mi accompagna: “quello che fai il primo dell’anno, lo farai tutto l’anno!” Impegnativo – detto ciò - intrattenersi in qualsiasi attività, se si accetta come vero che quelle a cui si darà spazio il primo gennaio, saranno quelle che accompagneranno il susseguirsi dei trecentossesantacinque giorni dei dodici mesi che seguiranno. In ogni caso, per l’ironia che il detto comporta e per non sbagliare di perdere anche solo il bene di un giorno trascorso a livello del desiderio; anche quest’anno mi sono messa nelle condizioni di cominciare “bene” il 2015. Innanzitutto baci e abbracci ai famigliari presenti allo scocco della mezzanotte. Genitori, sorella, nipoti e cognato sono sicuramente presenze di cui essere grata. Ben presto ho spedito una serie di messaggi agli amici per augurare tutto il bene possibile. Di fatto dietro ad ogni invio c’è il sottinteso: ti avrei voluto qui con me, perché non riesco a concepirmi sola. Poi il brindisi e il panettone. Sono sicuramente un po’ festaiola e tanto golosa. Contemporaneamente lo sguardo è stato rivolto da tutti ai fuochi artificiali. Impossibile non incantarsi di fronte alla valle illuminata da un cielo multicolore. Poi il caldo del lettuccio. Il riposo è il primo modo per volersi bene. Nonostante la trapunta di piuma, sono stata costretta a stare rannicchiata per il freddo che altrimenti avrebbe assalito un piede o un braccio, ma il sacrifico del naso congelato è stato vinto dal penetrante profumo di camino. Ai risvegli notturni inevitabili è bene - dato che non escludiamo che si potrebbero perpetrare per tutto l’anno - dare uno spazio convogliato a dolci pensieri: abbracci che potranno essere dati, gusti e profumi che potranno essere assaporati, gite che potranno essere fatte, nostalgia di “bellezza”. Al risveglio: la colazione. Nel dubbio “del detto” è bene non lasciarsi mancare nulla di quello che è possibile e buono. Poi, lavarsi, pettinarsi, truccarsi (possibilmente domando qualcuno di quei segni che “ci si mette una vita a far comparire”), mettersi gli scarponi e incamminarsi in compagnia. I bisogni insostituibili sono: l’acquisto di generi di prima necessità, il godere dell’aria (in questo caso frizzante), del sole (in questo caso sfolgorante), del cielo (in questo caso azzurro intenso) e della voglia di raggiungere una meta. Per chiudere: il servizio a perché tutti i presenti possano essere messi nelle stesse condizioni: assicurarsi il possibile, irriducibile e inequivocabile perpetrarsi dei giorni che cercano e portano il desiderato. Ecco, alla luce del sopra-riportato, che il simpatico "detto" può essere modificato: "quello che hai fatto il primo dell'anno è stato così vero da desiderare che riaccada per tutto l'anno?" Ai sinceri, l'ardua risposta.