giovedì 3 dicembre 2015

Avvento e aghi di larice

L’ultima volta che sono stata nella casa di montagna ho fatto una gita meravigliosa e ho sfruttato il fatto che, salendo con la quota, i larici avessero lasciato cadere i loro aghi, per raccoglierne un sacchetto.
Gli aghi mi servono perché sono una di quelle donne che crede nel S. Natale, e che in attesa che arrivi, si attrezza per realizzare il Presepe.
Il Presepe lo costruirò in Sala Parto, come ormai è consueto da tanti anni a questa parte.
Negli ultimi due anni, si è poi aggiunta la possibilità di vincere il premio del “Presepe più bello dell’Ospedale”, per cui oltre alla mia volontà produttiva, si associa l’essere precettata dalle coordinatrici dell’area. Pertanto ho tutte le autorizzazioni per procedere.
Ora, gli aghi di larice sono come me in attesa, perché prima che vadano a rappresentare la terra, c’è bisogno che con la imminente ulteriore ascesa montana, io recuperi delle pigne per fare gli alberi, e dei sassi per fare le pecore. Sassi che devono esser grandi per i corpi, e piccoli per le quattro zampe e la testa. Almeno tre pecore, quindi tre grandi e quindici piccoli.
Il silicone per incollare i pezzi è già sulla mia scrivania. Anche lui in “Avvento”.
Detto questo, per ora ho silicone ancora sigillato, aghi nel sacchetto e la Madonna il bambinello e San Giuseppe già fatti tempo fa.
Ma ieri gli aghi mi hanno sorpresa.
Ho deciso di iniziare a portarli al lavoro, così al mattino presto, quando sono scesa in garage, li ho trasportati e li ho messi in macchina con me. Di lì a poco, mi sono accorta che iniziavo a sentire nel veicolo un profumo particolare, inconfondibile, come essere nel bosco di fianco a quella baita che aspetta con il camino acceso. Sorprendente! La fragranza simile a quella della resina, ha iniziato a pervadere l’aria e a effondermi dolcezza di riposo.
Per me l’olfatto è essenziale.
Il sacchetto l’ho poi chiuso nell’armadio del mio ufficio tutto il tempo del lavoro, fino a quando non è arrivata nel primo pomeriggio una docente che mi ha salutata, manifestando una stanchezza tale da commuovermi.
Cosa potevo fare oltre che guardarla con tenerezza?
Mi è venuto un guizzo.
Le ho detto: “Chiuda gli occhi”.
Ho preso il sacchetto, l’ho aperto e glielo ho messo sotto le narici.
Le ho chiesto di inspirare profondo.
Per un attimo ho avuto timore che la cara prof aprisse gli occhi e mi dicesse che ero un po’ matta, invece l’effetto sortito è stato il ricalco della mia esperienza.
“Che buono!” Mi sono sentita dire. Ed io: “E’ per regalarle un po’ di dolcezza di riposo. E lei: “Ha ragione, risposa”.
E così sarà il mio Presepe: la culla del Bambino che è dolcezza di riposo!

Morale: buona ascesa montana per i prossimi giorni, buon desiderio di ricercare ciò che riposa il cuore, buona attesa del S. Natale!

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