Venerdì.
Il pomeriggio volge al termine.
Senza accorgermene è diventato tardi rispondendo all’ennesima
mail.
Sono le diciassette ma ho promesso che andavo a montare il
presepe.
Faccio per andare in Sala Parto e mi accorgo che ho da
tornare indietro per leggere il codice d’accesso della porta d’ingresso a
comando appuntato in agenda; purtroppo è tempo che non vado e la memoria inizia
a fare “cilecca”.
Arrivo con il mio “sacchettone”.
Entro sotto lo sguardo attento di una decina di parenti
incuriositi.
Il corridoio è gremito da “lettini volanti”, che accolgono
mamme e neonati.
Deduco che è stato uno di quei giorni “ossitocici”, che fanno
correre le ostetriche e in cui partoriscono tante donne.
Chissà cosa sarà mai che induce tanto travaglio.
Sarà l’aria del Natale.
Sarà la voglia di nascere.
Sarà che Dio non si è ancora stancato dell’umanità.
Cerco la capostetrica e le confermo che monterò il Presepe.
Il 18 dicembre la giuria verrà a fotografarlo e dovrà valutare
se sarà il più bello dell’Ospedale. Non possiamo rimandare che sia pronto.
Inizio a cercare uno scatolone. Trovo vuoto quello dei set
di assistenza al taglio cesareo. E’ sufficientemente alto e largo. Procedo.
Cerco l’angolo protetto dall’albero di Natale, nell’area del
pre/post-parto.
Lì saremo tutti più tranquilli.
Mi inginocchio sul pavimento, osservata da una mamma che
allatta la neonata tenendola pelle a pelle.
Rivesto lo scatolone con un lenzuolo verde.
Inizio ad estrarre dal “sacchettone”: la capanna, la sacra
famiglia, i due pastori, le sei capre, le cinque pigne e qualche sassolino
sciolto.
Mi ero riproposta di fare delle pecore, ma sono venute “cornute”,
pertanto sono verosimilmente delle capre.
Capra o pecora, tutti i personaggi ora sono sotto una
pioggia di aghi di larice che, abbondanti e resinosi, ricoprono il piano d’appoggio,
trasformandolo da verde ospedaliero ad oro di montagna.
Sono soddisfatta.
Chiamo la capostetrica e insieme scattiamo qualche foto.
Un bambino grandicello - fratellino di qualche neonatino -
si avvicina all’opera e chiede: “di cosa è fatta?”.
“Di sassi”, rispondo io. “Ma non solo. Comunque di cose che
ho trovato in montagna”.
“Bello”.
E’ la reazione che desideravo.
Lo sguardo puro riconosce la bellezza; così come il corpo anela
alla dolcezza del riposo; così come il mio cuore è in attesa del Santo Bambino.
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