sabato 31 ottobre 2015

Un uomo cavaliere (2)

 
Questa mattina, come di consueto il sabato mattina, dopo il giretto per comprare il pane, ho raggiunto la “Pieve”. Entrando – dopo il dovuto religioso saluto – ho  trovato posto alla solita panca che mi permette di scrutare da vicino la “nicchia del cavaliere”. Posto che scelgo per sentire un compagno nella preghiera.
Ad un tratto odo il passo veloce e leggero di un bambino di circa tre anni, che correndo arriva ad affacciarsi alla corda che protegge la nicchia dalla navata. Stirando la corda con le manine, così da toglierla dall’altezza dei suoi occhi, per poter vedere meglio, sospira: “Che bello!”  
Lo guardo e gli sussurro: “C’era dentro un guerriero. C’era dentro un cavaliere!”
Mi guarda. Reggiamo reciprocamente lo sguardo, il tempo necessario per rendere certa l’intesa. Il bambino si allontana e prende posto vicino al suo papà, che lo teneva controllato da lontano.
Dopo qualche istante arriva una donna, che conosco bene. Si avvicina e si siede al mio fianco. Le lancio un’occhiata che lei coglie per mormorarmi: “Ma perché ti sei seduta qui? Che schifo, questa è una tomba”. Incompresa, rispondo: “E’ bella!”.
Termina la celebrazione, che di li a poco era cominciata. Esco e lascio “Pieve” e cavaliere.
Il tempo di passare dal cartolaio e tornare a casa, per pensare.
Perché un sarcofago scavato nella terra è bello? Cosa ha notato quel bambino che guardo anch'io? Pertanto, cosa ha visto - o meglio - cosa non ha visto la donna al mio fianco?
Ecco che il pensiero risponde alla verità sottesa dalle domande scritte: è bello vedere l’oltre. E’ bello vedere oltre ciò che appare.
Spesso, se ci fermiamo all'apparenza delle cose, le cose appaiono “brutte”, quando in realtà, nel loro compreso, sono davvero “belle”.
E’ questo “oltre” che ha colto lo sguardo del bambino e che colgo anch'io.
La nicchia vuota, umida e mortifera, in realtà trasfigura di un uomo disteso, caldo e nobile.
Con questo comprendo anche di più una frase che i più sono convinti sia stata scritta nel “Caligola” di Albert Camus - perché così fu detto della citazione - in realtà è stata detta da Che Guevara e ripresa dal mio maestro: “Siate realisti, domandate l’impossibile!”.

Così, resta che ci sarà chi riderà, e ci sarà chi non comprenderà … ma io e quel bambino continueremo a “essere realisti e a domandare l’impossibile!”

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