Rimango incantata davanti alla porta finestra della cucina. I pollini del pioppo volteggiano in quantità tale da far sembrare che cada la neve. Tra loro si incontrano e si incollano. Aumentano nel volume ma non smettono di roteare nel cielo. Il loro peso è nullo e l’aria sembra spostarli verso l’alto. Sono di fronte ad un volo antigravitazionale. Ad un tratto vedo che dal cielo nero, iniziano a scendere delle gocce di pioggia. Incredibilmente i pollini persistono. Prendo a seguirne uno solo con lo sguardo attento. Non lo perdo di vista, voglio vedere se l’acqua lo cattura. Niente da fare. Resiste. Si adagia tra le foglie del gelsomino che si intrecciano nella ringhiera del balcone, restando asciutto. Ma lo spettacolo ha un ultimo quadro. La scena è ravvivata dal sonoro di rumorosi tuoni, immediatamente seguiti da guizzi di lampi. È vicinissimo un temporale che in un battibaleno trasforma lo strano chiarore del cielo, dal bianco dei pollini al candore della grandine. Assordante e abbondante, la grandine ha in un attimo atterrato tutti i pelucchi silenziosi e roteanti, lasciando la piazza ingombra di ghiaccio. Il ghiaccio è così tanto che blocca i tombini e ha preso a galleggiare su qualche centimetro d’acqua. La tempesta dura pochi minuti, con un rumore tonante. Mi accorgo di non essere la sola spettatrice. Alcuni passanti sono stati obbligati a ripararsi sotto il portico e grondanti guardano l’atto finale. Uno squarcio di cielo azzurro interrompe il frastuono e lascia che qualche raggio di sole sciolga ciò che c’è da sciogliere e faccia ripartire la fabbrica dei pioppi.
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