È
alzarsi per partire,
è un
nonno tutto curvo che spinge a fatica la carrozzina del nipotino,
è un
bambino che guarda con entusiasmo un ragazzo-giocoliere al semaforo,
è
aspettare nel parcheggio un’amica,
è
ascoltare le notizie alla radio,
è ricordare
chi ha sofferto,
è
fare un viaggio famigliare,
è
riuscire a dire quello che si ha dentro,
è
prendere un caffè al bar,
è
camminare per un paese di case fatte con i sassi,
è un
macellaio che taglia con cura un cappello del prete,
è
comprare delle salamelle,
è la
panettiera che lascia aperta la busta dopo che ha inserito una mica ancora
calda di forno,
è la
casa tra le colline dove ho studiato per la maturità,
è il
fango sulle scarpe cittadine,
è
scoprire una via crucis tra le pietre,
è
vedere alberi con vicino a ciascuno la targa di un nome d’uomo,
è
riconoscere una cappella sotto un porticato,
è
entrare in una trattoria a gestione famigliare,
è un
bicchiere di gutturnio,
è un
piatto di “pissarei e fasoi”,
è
non volersi alzare da tavola,
è
scoprire uno scorcio di sole che accende il pomeriggio,
è
tornare,
è
aprire la porta di casa,
è
una spremuta d’arancia,
è
godere del silenzio di un sabato pomeriggio,
è
spegnere il cellulare,
è
scrivere i pensieri che tornano,
è
lasciare che arrivi la sera,
è abbandonarsi
alla notte.
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