Ad un certo punto dello
“spignattamento” è necessario aprire la valvola della pentola a pressione. È
terminato il tempo di cottura e lasciare che il fischio si prolunghi rischia di
spappolare il già cotto. Con ciò è necessario che il vapore non invada troppo
la cucina, pertanto qual miglior modo per ottenere un duplice effetto benefico,
se non quello di aprire la finestra? In primo luogo il riciclo dell’aria sarà
assicurato, secondariamente il cucinato si raffredderà più velocemente e si
potrà comodamente procedere con gli opportuni impasti tra ingredienti.
Ma questo gesto,
apparentemente banale, stasera mi ha sorpresa.
Nel cielo del post
tramonto, ancora blu per la luce non completamente scomparsa all'orizzonte, un
sottile spicchio di luna brillante domina. È così luminoso che riesco a
definire nella penombra in modo preciso i confini della luna nella sua
rotondità. Arrivo a vedere quella metà della luna che si nasconde sempre
nell'oscurità, che resta sempre nell'ombra di sé stessa.
Poco distante da questa
luna da seduzione, spostando lo sguardo leggermente alla sinistra, vedo una
stella, un’unica stella, che solitaria è altrettanto lucente, quasi come un
frammento di quello spicchio di luna. Forse è un pianeta illuminato anch'esso
dal sole. In effetti la sua luce non ha intermittenze, resta fissa e troneggia
nel resto di un cielo che man mano che passano gli istanti del mio incanto,
diventa sempre più scuro, più nero.
Il mio pensiero inizia a
volare.
Volo con un po’ di
nostalgia, nostalgia di qualcosa che mi manca, o forse meglio di qualcuno che
avverto mancare.
La luna, le stelle, il
cielo, hanno sempre interrogato chi si ferma a guardarli.
Credo che quello che sto
subendo è un fascino che attraversa i secoli, senza mai perdere il suo
ascendente.
Se guardo il tuo cielo,
opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu
hai fissate,
che cosa è l'uomo perché
te ne ricordi,
il figlio dell'uomo perché
te ne curi?
Salmo 8
Nox erat et caelo fulgebat
luna sereno
inter minora sidera,
cum tu magnorum numen
laesura deorum
in verba iurabas mea
Era
notte e in un cielo limpido velato di stelle
splendeva la luna,
e tu, già offendendo in cuore il nome degli dei,
giuravi sulle mie parole
Orazio – Epodi - 15 – A Neèra
Beatrice in suso, e io in
lei guardava;
e forse in tanto in quanto
un quadrel posa
e vola e da la noce si
dischiava,
giunto mi vidi ove mirabil
cosa
mi torse il viso a sé; e
però quella
cui non potea mia cura
essere ascosa,
volta ver' me, sì lieta come bella,
«Drizza la mente in Dio
grata», mi disse,
«che n'ha congiunti con la
prima stella».
Dante – Paradiso II, 22-30
Spesso quand'io ti miro
Star così muta in sul
deserto piano,
Che, in suo giro lontano,
al ciel confina;
Ovver con la mia greggia
Seguirmi viaggiando a mano
a mano;
E quando miro in cielo arder
le stelle;
Dico fra me pensando:
A che tante facelle?
Che fa l'aria infinita, e
quel profondo
Infinito Seren? che vuol
dir questa
Solitudine immensa? ed io
che sono?
Leopardi – XXIII Canto
notturno dl un pastore errante dell’Asia
La luna rimarrà la luna
E ci saranno sempre
Giovani che di sera
Al suo lume appartati
Si sorprenderanno
a dire le parole felici.
Anche se troppi
I satelliti artificiali
Non riusciranno mai
con le loro indiscrete
apparizioni
a disturbarne l’incanto
antico.
Giuseppe Ungaretti----La luna rimarrà la
luna
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