sabato 25 luglio 2015

Un uomo Cavaliere

Abito a ridosso di una Pieve, e tutte le volte che entro con riverenza, mi metto in modo da poter scrutare da vicino quel punto preciso del pavimento, dove il cristallo lascia intravvedere l’area di sepoltura di un cavaliere medioevale. Il sepolcro, ora vuoto, è stato studiato nel momento del ritrovamento della reliquia, e l’uomo a dismisura alto per quel tempo, è stato identificato come un soldato di rango, reduce di crociate. Quattro croci rosse sono disegnate nel sarcofago: una alla testa, una a piedi e due all’altezza della cintola. Nel resto dello spazio, il loculo resta semplice, senza decorazioni, con la forma che rispetta un anfratto per la calotta del cranio, un dilatarsi per le clavicole e un ridursi fino ai malleoli. Forse gli uomini scaltri che hanno scavato la superficie della roccia, hanno pensato di definirla giusta per raggiungere la sufficienza, senza esagerare, senza dare troppa importanza a chi sicuramente era già grande di cuore.  Mi affascina immaginare che per secoli, quell’uomo sia rimasto nel nascondimento, orante silenzioso fino ad essere dimenticato, e che poi tutto ad un tratto abbia deciso di riaffiorare, quasi a dire che il nostro stato di mendicanti è per i più sconosciuto, ma prima o poi va riconsiderato. Chissà quale onore ora ha nei cieli un uomo così, che è rimasto fedele alla sacra Casa. Chissà quale sarà stato il suo nome e il suo desiderio. Se fosse possibile definire il nome con la mia fantasia, lo chiamerei Angelo - perché tutte le volte mi porta un messaggio; o forse lo chiamerei Michele, perché è un angelo che ha saputo lottare. Per quanto riguarda il desiderio lo definirei Infinito – perché tutte le volte mi lascia la speranza di poter conseguire anch’io l’infinità.

lunedì 13 luglio 2015

Oggi

Oggi. un giorno come tanti altri, un giorno assolutamente normale e come tale, un giorno in cui succedono una miriade di cose a cui si dà poca importanza. Eppure, ogni giorno è speciale, così come è speciale l’oggi. Basterebbe mettere a fuoco la lente dei giusti occhiali per vedere che quelle miriadi di cose che accadono, in realtà sono miriadi di frammenti di cose che non si ripeteranno più. Cose uniche, che l’oggi dona e che porteranno il giusto frutto domani, se le sapremo coltivare. E’ così che oggi, tra le miriadi di cose che ho fatto - e che neanche ricordo più - ho potuto telefonare ad una cara amica che compie i 48 anni. Mia coscritta, ho occasione di congratularmi con lei ogni 13 luglio, dal 1982. Fate voi i conti di quanto tempo è passato e di quante occasioni abbiamo avuto per festeggiare il fatidico giorno, compreso quello in cui abbiamo compiuto i diciotto anni! Così, sempre oggi, ho potuto sentire anche un’altra cara amica che non ha fatto i diciotto anni, bensì 18 anni fa, il 13 luglio, ha partorito il suo primogenito, che oggi compie la maggiore età. E così, a partire da queste due festose scadenze, ho potuto far mente locale sul bello che è riconoscere quello che hanno costruito le miriadi di frammenti che si sono succeduti nei giorni assolutamente normali, e che hanno portato al 13 luglio che è ora. Basta poco per risvegliarsi dal terribile torpore dello scontato e della noia, basterebbe ricordarmi che ogni istante del giorno è l’anniversario di qualcosa di buono e di bello che è successo nella mia vita, non fosse altro per il fatto che mi è dato di esserci oggi, più di ieri, più di quando si pensava di aver raggiunto la maggiore età..
5/9/1985 - 18 anni rifesteggiati a Foppolo

domenica 5 luglio 2015

Un sabato mattina e la cornacchia grigia

Oggi al mio risveglio, ho dedicato le mie prime energie al consueto giretto che mi porta a comprare il pane per la settimana. I soliti convenevoli con la signora che serve al banco, e il dovuto sorriso al panettiere che si sporge dalla porta del forno. Pochi minuti e mi ritrovo a camminare  degustando piacevolmente i bocconcini ancora caldi. Sono già al secondo, quando ad un tratto mi arresto notando che dall’altra parte della strada c’è una grossa cornacchia grigia appollaiata sopra ad un cancello che mi osserva. Sono certa, mi sta guardando dritto negli occhi. La saluto con un “Ciao”, cosicché se qualcuno mi vedesse potrebbe pensare ad uno slancio di follia, e nel tempo dell’arrivederci intuisco che la sua attenzione è rivolta soprattutto al mio panino. A questo punto, stacco un pezzo di pane sufficientemente grande per essere visto e gradito, e lo lancio nel centro del selciato a senso unico, e resto ferma. Sulle prime mi pare che la cornacchia non si sia accorta del mio dono e un po’ delusa riprendo a camminare lentamente. Il pennuto non muove passo, se non il collo così da direzionare solo l’occhio destro al mio sguardo. Ho raggiunto una distanza di circa un centinaio di metri e il volatile con fare circospetto si dirige a balzelloni con estrema precisione a pizzicare col becco il prelibato bocconcino. Pertanto, devo dedurre con certezza che la morale sottesa è: non solo la cornacchia mi ha saputa guardare, bensì ha saputo aspettare nel procedere il momento più opportuno. Finale: la cornacchia grigia conosce la scaltrezza ostetrica.