venerdì 21 settembre 2012

Settembre: un assaggio di pioggia

Amo la pioggia. Ho l’impressione che riesca a lavare. Lavare la città, così grigia. Forse addirittura ho l’impressione che riesca a ridare colore. Ridare colore ad una città smunta. La pioggia accende il colore, il colore della spiaggia e della montagna. Accende il verde del mare, del prato, del bosco. Intensifica gli odori. L’odore di salsedine, l’essenza dell’erba, l’aroma dei pini. Colorare e profumare è un po’ come restituire vita. Vita come quella che ciclicamente la stagione della legittima pioggia permette ai funghi porcini o ai galletti. Boletus edulis, Cantarellus cibarius… nomi divertenti, nomi importanti per dei viventi minuscoli e gustosi. La pioggia nella giusta misura è un toccasana. Un toccasana per la terra che germina,  un toccasana per il palato che gusta una pasta ai finferli trifolati, un toccasana per il sonno notturno. Quando piove riesco a fare le dormite più belle. Lunghe, senza interruzioni, coccolata dalle coperte. Certo la sveglia è sofferta. Di fatto vorrei continuasse la goduria sprofondata nelle trapunte, vorrei che la pioggia fosse letargica o forse, devo ammetterlo, il risveglio è difficile perché ho paura di ciò che fa emergere. Il risveglio al ticchettio delle gocce, il camminare all’ombra dell’ombrello, il brivido dell’umido che respiro, l’acqua che mi bagna, fanno affiorare malinconia. La stessa pioggia che amo suscita in me un sentimento forte e travagliato. Che non sia questo il vero motivo del mio amore alla pioggia? La nostalgia che fa emergere. Quella che a volte tengo sommersa e che dimentico di avere. Avere il desiderio di ciò che mi manca, camminare perché vorrei raggiungerti, fermarmi al bar per prendere un cappuccio perché desidererei essere insieme e così ricordarmi di ciò che amo di più del vivere, che non è la pioggia, non è il colore e non sono neanche i profumi e il gusto… sei tu.

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