In un Istituto dove gli uomini sono accolti tutti e comunque, a prescindere dai loro limiti psichici e fisici, ci sei anche tu.
Ti ho notato da subito, perché sei schivo… come piace a me.
Non so darti un’età, forse hai qualche anno più di me, ma non tanti di più.
Sei alto quanto basta per superarmi e sei magro, forse troppo!
Non c’è un attimo in cui trovi pace il tuo corpo, sei sempre in movimento e anche quando riesci a stare fermo perché non cammini avanti e indietro, le tue braccia e le tue mani non hanno riposo.
Se non disegni grandi archi come un direttore d’orchestra, allora è per coprirti il volto o per accarezzarti la testa.
È raro che alzi lo sguardo e quando lo fai è per attimi fugaci. Ho fatto fatica ad intuire il colore dei tuoi occhi perché non mi hai retto lo sguardo per più di un secondo, anche se sono sicura che mi vedi.
Sono chiari, ma di un chiaro profondo, come il cielo di un’alba che stenta o forse anticipa una giornata d’inverno.
Di tutto questo che ho notato, anche se scritto è poco e detto male, c’è una cosa che mi impressiona: sei lieto!
Oltre tutto, in questo anno che è passato, ho notato che sei cambiato. Sei più che lieto da quando un frate ha manifestato per te una preferenza ricambiata.
Ora sei proprio certo. Lieto e certo che sei voluto.
Ecco un giorno di vita: alzarci lieti e certi di essere voluti così come siamo, perché c’è chi ci ama così come siamo!
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