È bello vedere un film dove la figura femminile ha la
statura di una donna.
Della donna che si desidera essere, se si volesse avere
entità di amica, compagna di vita, moglie, madre.
Una donna che cammina per casa a piedi scalzi, e che resta in silenzio davanti al proprio dolore e al dolore dell’uomo che ama,
per l’addio che dà una figlia; così come può alzare la voce e scaraventare una
valigetta se c’è da dire, da dire un possibile addio ai propri figli.
Insomma un film che intitola “Primo uomo”, ma che io avrei
almeno sottotitolato “ … e Janet Shearon: sua moglie”.
Detto questo il documentario - con estremo realismo - racconta
della conquista tra le più grandi dell’umanità, per la quale risuona
ripetutamente la domanda: ma ne valeva la pena?
Come risponde l’interprete: "Forse la domanda andrebbe posta
prima di essere immersi nella dinamica che vorrebbe rendere possibile la
conquista".
In ogni caso, il film risponde alla domanda, che è la domanda della vita.
Janet
introduce la risposta in un dialogo con Neil Armstrong affermando: “Sarà
un nuovo inizio, sarà un’avventura!”
La risposta conclusiva del film è: non è il dolore, la fatica o il
rischio che frenano l’uomo, bensì è il desiderio di infinito che lo rende
inarrestabile!
Un film da vedere.
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