Tornare dove sono stata portata a cinque giorni dalla
nascita;
riconoscere scorci dell’infanzia;
raggiungere boschi di latifoglie stranoti;
camminare su prati su cui si è corso per il primo decennio
di vita,
dirsi cose tra cugini come quarant’anni fa;
godere della mamma che la racconta a suo fratello;
guardare con stupore la villa che apparteneva allo zio;
prendere l’ombra delle betulle a cui si attaccava l’amaca;
stare al sole sulla panchina di sasso dove trastullavo
il bambolotto;
riconoscere che lo sguardo si porta al Resegone che non è
cambiato;
commuoversi perché il cuore è sempre lo stesso;
accettare che la nostalgia può essere per qualcosa che c’è,
o per qualcuno che manca.
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