sabato 3 settembre 2016

Dialoghi e silenzio

Mi trovo in coda, ad aspettare il mio turno per fare un biglietto acquisto panini.
Sono ad una di quelle cene organizzate per la beneficienza.
Davanti a me due uomini.
Dietro di me due donne.
Sia i due uomini che le due donne si conoscono tra loro, infatti entrambe le coppie gemellate per genere, discorrono animatamente.
Inizialmente non ho voglia di ascoltare e soprattutto desidero stare in silenzio. La giornata è stata sufficientemente stancante e il rientro dalle vacanze è stato abbastanza sconvolgente. Solo il silenzio può darmi una mano a superare lo shock dell’addio alle montagne, dell’addio alla conquista di una vetta, dell’addio al refrigerio, dell’addio a ciò che è silenzio senza doverlo “fare”.
Stando in coda, il tempo dell’attesa si prolunga, si prolunga esageratamente e l’attenzione inizia a spostarsi in alternanza ai due colloqui concitati l’uno della coppia che mi precede e l’altro della coppia che mi segue. Inizio ad ascoltare interrogandomi: di che cosa stanno parlando così vivacemente due uomini e di che cosa stanno parlando così animosamente due donne?
Rispetto ai due uomini mi viene un sospetto, facilmente gli uomini parlano di lavoro, di donne o di calcio. Lascio così che l’orecchio oda e confermo la mia ipotesi: i due soggetti sono in disputa sull’ultima partita di calcio giocata dai loro figli e sul motivo più o meno condiviso per essere ricorsi ad un rigore.
Rispetto alle due donne la previsione è più complessa. Le donne - se madri - parlano facilmente dei figli, ma spesso i dialoghi che pensi siano attribuibili a problemi di bambini, scopri solo con il loro procedere, che sono per esigenze di canidi. Comunque sia le donne parlano più spesso degli uomini e forse per questo i loro argomenti spaziano e sono meno prevedibili. Possono parlare di distrazioni, di cucina, di palestra, di vestiti, di acquisti, di arredo, insomma di tutto, di un po’, di nulla. Ascolto pertanto senza supposizioni.
È qui che resto stupita del fatto che il dialogo è su argomenti che tratto per il mio lavoro: gravidanza, amniocentesi e villocentesi. Le due signore si confrontano per l’aver fatto la diagnosi prenatale nei confronti del loro nascituro, con estrema disinvoltura.

Ok, ho capito perché quando non sono al lavoro, preferisco ascoltare gli uomini, e in questo caso capisco perché ho preferito ritrovare il silenzio.

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