domenica 20 dicembre 2015

Cielo e terra. La trasparenza di un diario on line.

Cosa separa la terra dal cielo?
E’ una domanda che mi sono posta in diversi momenti.
Succede però, a volte, qualcosa sposta il punto di vista.
E’ così che ieri ho dato un altro ordine alla questione, tramutandola in affermazione.
Così ora, posso accennare: cosa unisce il cielo alla terra.
Un viaggio che diventa preghiera.
Un pranzo seduti davanti ad un anfiteatro di montagne.
Una siesta che gode del sole.
Una pista da sci senza neve.
Un vento mite.
Una lacrima non trattenuta.
Un te con i biscotti.
Una S. Messa per i coscritti.
Il silenzio di ieri e di oggi.
Lo stupore.
Lo stupore per le cose semplici; che sono imprevedibile richiamo all’essere.
Essere, grazie all’Alterità.
Ecco cosa è la verità: il cielo si unisce alla terra.

E il Natale è solo l’inizio.

sabato 12 dicembre 2015

Il Presepe in sala Parto




Venerdì.
Il pomeriggio volge al termine.
Senza accorgermene è diventato tardi rispondendo all’ennesima mail.
Sono le diciassette ma ho promesso che andavo a montare il presepe.
Faccio per andare in Sala Parto e mi accorgo che ho da tornare indietro per leggere il codice d’accesso della porta d’ingresso a comando appuntato in agenda; purtroppo è tempo che non vado e la memoria inizia a fare “cilecca”.
Arrivo con il mio “sacchettone”.
Entro sotto lo sguardo attento di una decina di parenti incuriositi.
Il corridoio è gremito da “lettini volanti”, che accolgono mamme e neonati.
Deduco che è stato uno di quei giorni “ossitocici”, che fanno correre le ostetriche e in cui partoriscono tante donne.
Chissà cosa sarà mai che induce tanto travaglio.
Sarà l’aria del Natale.
Sarà la voglia di nascere.
Sarà che Dio non si è ancora stancato dell’umanità.
Cerco la capostetrica e le confermo che monterò il Presepe.
Il 18 dicembre la giuria verrà a fotografarlo e dovrà valutare se sarà il più bello dell’Ospedale. Non possiamo rimandare che sia pronto.
Inizio a cercare uno scatolone. Trovo vuoto quello dei set di assistenza al taglio cesareo. E’ sufficientemente alto e largo. Procedo.
Cerco l’angolo protetto dall’albero di Natale, nell’area del pre/post-parto.
Lì saremo tutti più tranquilli.
Mi inginocchio sul pavimento, osservata da una mamma che allatta la neonata tenendola pelle a pelle.
Rivesto lo scatolone con un lenzuolo verde.
Inizio ad estrarre dal “sacchettone”: la capanna, la sacra famiglia, i due pastori, le sei capre, le cinque pigne e qualche sassolino sciolto.
Mi ero riproposta di fare delle pecore, ma sono venute “cornute”, pertanto sono verosimilmente delle capre.
Capra o pecora, tutti i personaggi ora sono sotto una pioggia di aghi di larice che, abbondanti e resinosi, ricoprono il piano d’appoggio, trasformandolo da verde ospedaliero ad oro di montagna.
Sono soddisfatta.
Chiamo la capostetrica e insieme scattiamo qualche foto.
Un bambino grandicello - fratellino di qualche neonatino - si avvicina all’opera e chiede: “di cosa è fatta?”.
“Di sassi”, rispondo io. “Ma non solo. Comunque di cose che ho trovato in montagna”.
“Bello”.
E’ la reazione che desideravo.

Lo sguardo puro riconosce la bellezza; così come il corpo anela alla dolcezza del riposo; così come il mio cuore è in attesa del Santo Bambino.

giovedì 3 dicembre 2015

Avvento e aghi di larice

L’ultima volta che sono stata nella casa di montagna ho fatto una gita meravigliosa e ho sfruttato il fatto che, salendo con la quota, i larici avessero lasciato cadere i loro aghi, per raccoglierne un sacchetto.
Gli aghi mi servono perché sono una di quelle donne che crede nel S. Natale, e che in attesa che arrivi, si attrezza per realizzare il Presepe.
Il Presepe lo costruirò in Sala Parto, come ormai è consueto da tanti anni a questa parte.
Negli ultimi due anni, si è poi aggiunta la possibilità di vincere il premio del “Presepe più bello dell’Ospedale”, per cui oltre alla mia volontà produttiva, si associa l’essere precettata dalle coordinatrici dell’area. Pertanto ho tutte le autorizzazioni per procedere.
Ora, gli aghi di larice sono come me in attesa, perché prima che vadano a rappresentare la terra, c’è bisogno che con la imminente ulteriore ascesa montana, io recuperi delle pigne per fare gli alberi, e dei sassi per fare le pecore. Sassi che devono esser grandi per i corpi, e piccoli per le quattro zampe e la testa. Almeno tre pecore, quindi tre grandi e quindici piccoli.
Il silicone per incollare i pezzi è già sulla mia scrivania. Anche lui in “Avvento”.
Detto questo, per ora ho silicone ancora sigillato, aghi nel sacchetto e la Madonna il bambinello e San Giuseppe già fatti tempo fa.
Ma ieri gli aghi mi hanno sorpresa.
Ho deciso di iniziare a portarli al lavoro, così al mattino presto, quando sono scesa in garage, li ho trasportati e li ho messi in macchina con me. Di lì a poco, mi sono accorta che iniziavo a sentire nel veicolo un profumo particolare, inconfondibile, come essere nel bosco di fianco a quella baita che aspetta con il camino acceso. Sorprendente! La fragranza simile a quella della resina, ha iniziato a pervadere l’aria e a effondermi dolcezza di riposo.
Per me l’olfatto è essenziale.
Il sacchetto l’ho poi chiuso nell’armadio del mio ufficio tutto il tempo del lavoro, fino a quando non è arrivata nel primo pomeriggio una docente che mi ha salutata, manifestando una stanchezza tale da commuovermi.
Cosa potevo fare oltre che guardarla con tenerezza?
Mi è venuto un guizzo.
Le ho detto: “Chiuda gli occhi”.
Ho preso il sacchetto, l’ho aperto e glielo ho messo sotto le narici.
Le ho chiesto di inspirare profondo.
Per un attimo ho avuto timore che la cara prof aprisse gli occhi e mi dicesse che ero un po’ matta, invece l’effetto sortito è stato il ricalco della mia esperienza.
“Che buono!” Mi sono sentita dire. Ed io: “E’ per regalarle un po’ di dolcezza di riposo. E lei: “Ha ragione, risposa”.
E così sarà il mio Presepe: la culla del Bambino che è dolcezza di riposo!

Morale: buona ascesa montana per i prossimi giorni, buon desiderio di ricercare ciò che riposa il cuore, buona attesa del S. Natale!