Uno dei momenti più tenebrosi, nelle spesso tenebrose novelle delle fate, è il momento della nascita. Ci illudiamo di capire il perchè. La nascita è un evento importante non solo per l'individuo che viene al mondo ma anche per il gruppo che quella nascita ha voluto e non voluto, favorito o avversato. E' pertanto comprensibile che le fate, quelle buone e quelle cattive, insieme alle forze benefiche e malefiche, si affaccendino intorno alla culla per determinare, nel bene e nel male, la vicenda e il futuro del nascituro. Spesso, nelle novelle delle fate, le culle sono affatturate. Vi aleggiano intorno presentimenti e presagi che il Chiostri, nell'intensità del dire e del non dire degli astanti e in una certa soffocatezza degli ambienti, è maestro nel farci percepire.
La nascita e la culla sono comunque un fatto "di qua", del nostro mondo umano. Perchè nessuno sa come le fate nascono. E quanto alle culle, lo apprendiamo dalla fata Belinda (in La reggia della fata Belinda di Emma Perodi), le cose per loro vanno anche peggio: "Le fate, fanciulla, hanno molte consolazioni: asciugano lacrime, consolano infelici, concedono ricchezze ai diseredati; ma manca loro quello che rende bella la vita delle altre donne: non possono avere un marito da amare, nè figli da proteggere, per i quali si possano sacrificare con giubilo".
Le fate non nascono, sono. Non possono condividere, se non di riflesso, il destino di tutti.
Se questo è vero, il dominio dove le fate, nel bene e nel male, esercitano tutti i loro poteri è quello che riguarda il prima e il dopo la nascita. Di tutti. Anche di quelli che non hanno mai creduto alle fate.
(Tratto da Tra fate e nani. Il mondo incantato di Carlo Chiostri. Salani Editore)
Evviva le fate! Evviva chi non è "solo" fata!
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento