domenica 26 dicembre 2010

Risveglio dal giorno di Natale

Apro gli occhi e mi ritrovo nel letto d’infanzia.
Il profumo delle coperte e delle lenzuola ricordano giorni lontani, anni in cui pensieri e desideri non si osava pensare come si sarebbero compiuti e avverati.
Tempo di dare un bacio alla mamma, fare colazione e prendere la macchina per raggiungere un amico.
Si sta insieme nel sacro e nel caffè.
Non vorrei ripartire, sono stanca e come una decina di ragazzi ho trovato un luogo di riposo, ma è ora di riprendere la macchina.
Mettermi alla guida coincide con l’imboccare la tangenziale e accorgermi che l’acqua sottile della pioggia di S. Stefano si sta trasformando in nevischio.
Sul vetro del parabrezza i cristalli si infrangono aprendosi in tante stelle di ghiaccio.
È affascinante e torno a pensare a tempi trascorsi.
Il pensiero corre e la macchina insieme, brucio i chilometri per tornare a casa senza accorgermi.
Trovo la porta chiusa in modo da essere certa di trovare qualcuno.

Ecco, avevo proprio bisogno di questo: Natale ha confermato un abbraccio che coincide con la vita… passata, prossima, consueta, imprevedibile e comunque amata!

mercoledì 8 dicembre 2010

Tempo di Tesi... tempo di neve!




E' stato tempo di scrivere...
In realtà è stato tempo di riscrivere...
Riscrivere secondo le indicazioni di chi non pensavi avesse voce in "capitolo"...
E invece è proprio più di un capitolo che ho dovuto riscrivere...
Così come tutti gli "scrittori" mi sono affidata ad una "Musa ispiratrice"...

Chi mai, più della neve, poteva sortire l'effetto!

Improvvisarsi scrittrice... (2)

Mi ricordo che divoravo le fiabe, in particolare continuavo a leggerne una: “Barbablu”.
È una sera particolare, di maggio, quando la luce grigia è tersa perché è appena finito un temporale. Non so se prendere la bicicletta per andare a fare il turno di notte, perché la strada è ancora tutta pozzanghere. Azzardo e mi lancio: è troppo bella la città al tramonto, sembro Alice nel paese delle meraviglie. L’arrivo in sala parto è atteso dalle colleghe che hanno appena finito di ricoverare l’ennesima gravida con rottura delle membrane. Tra le tante, tante travagliano franco e tante altre sono pronte per cominciare. La raffica di nascite non si fa attendere, siamo in uno di quei mesi dove scadono i tempi per i bambini concepiti nella lunga estate. Noi ostetriche si corre come il gatto con gli stivali, anche se le vere “produttrici” sono le donne. Tante donne all’opera: è uno spettacolo! È impressionante stare in una realtà ospedaliera dove la media dei parti è di 7000 all’anno. Come tutti sanno, la media risente dei valori estremi! Questa notte è estrema: i bambini vengono al mondo come i sassolini di Pollicino. Contemporaneamente si accumulano i ferri del mestiere, se Geppetto avesse avuto così tanti pezzi di legno sarebbe andato in tilt prima di creare Pinocchio. Caspita, non siamo neanche a metà della notte e non abbiamo più neanche una pinza ad anelli a disposizione. La centrale di sterilizzazione è chiusa. Dobbiamo usare noi ostetriche l’autoclave e inserire velocemente cestelli come la strega avrebbe voluto fare con Hansel. Altro che una bella dormita, siamo “disturbate” tanto quanto la Principessa sul pisello. Sembra una catena di montaggio, assisti - lavi, assisti - lavi, assisti - lavi, assisti - lavi, e sterilizzi. Alla fine della notte non so se sono nel sogno o nella realtà, perché tornando a casa mi accorgo di pedalare con gli occhi chiusi.
Mi ricordo che divoravo le fiabe, ma non pensavo che il mondo della metafora con la morale, mi richiamasse in particolare al fatto che avrei lavato tanti, tanti, ma proprio tanti strumenti dal sangue.

Continua... e ho vinto!