domenica 22 febbraio 2009

Domenica mattina


Questa mattina, poco dopo il risveglio, la mia amica Flora mi ha detto: “Leggi questo pezzo che ho scritto, se ti piace te lo dedico…”
Devo dire la verità che non solo mi è piaciuto e me lo sento dedicato, ma risponde a una domanda che avevo dentro, tanto che ho deciso di pubblicarlo con un post nel mio blog.
Magma del reale, groviglio nei rapporti umani, ambiguità nell’io: questa sembra essere la condizione delle persone nell’epoca post-moderna. “Sono un individuo tortuoso. Posso conoscere la mia capacità di amare solo attraverso la capacità di soffrire. Prima di soffrire non so”. Se è vero che l’amore implica sofferenza, o meglio sacrificio, è pur vero che il primo sentimento che l’amore procura è gioia. E, forse, la perdita del binomio amore-gioia, prima della percezione dell’amore stesso, costituisce la tragica perdita di noi moderni. Sembra difficile trovare la via di uscita da un simile labirinto, che porti all’aria aperta, nella quale, di schianto, si svela il segreto del mondo. C’è solo il labirinto e il cielo è muto.

Osserviamo così che l’uomo nel labirinto non cerca una via d’uscita, che non sa, non cerca un’idea con cui sistemare l’angosciante prigionia, ma cerca “sempre e soltanto Arianna”, cerca cioè un volto. Ben lo intuisce Camus allorché annota: “Ristabilire morale attraverso il Tu”, perché “bisogna incontrare l’amore, prima di aver incontrato la morale. Altrimenti lo strazio”. “Non è a forza di scrupoli che un uomo diventerà grande. La grandezza arriva, a Dio piacendo, come una bella giornata”. Se il Volto giunge, l’uomo ricompone se stesso, riconosce chi è, riconosce il suo destino, e trova una strada nel labirinto. A partire da questo momento, “gli individui cessano di lottare e di dilaniarsi, accettano finalmente di amarsi per ciò che sono. È il Regno dei Cieli”.
Testo ispirato da Taccuini di Albert Camus, Bompiani 1992.

Nessun commento: