martedì 31 gennaio 2012

Una storia vera










Vi racconto una storia vera.
Immedesimatevi.
È tempo denso, in cui mantieni la volontà di affiancare il lavoro allo studio. Questa volta hai deciso di frequentare un master e sei arrivato alla fine. Mancano pochi mesi, il 5 marzo dovrai discutere l’elaborato finale e stai tirando le file del percorso. Tra i diversi impegni che ti prendono, la vita del lavoratore/studente ha quello di farti percorrere lunghi tratti a piedi e con questo di darti il tempo di scrutare la città. Oggi come oggi la benzina costa troppo e le tasse universitarie anche, opti allora per la metropolitana e per consumare i tacchi delle scarpe sull’asfalto.
Un certo giorno, che potrebbe essere ieri, ti lasci interrogare dalle scritte che impiastricciano i muri e cerchi di decifrare un alfabeto incomprensibile. Hai modo di incontrare qualcuno che ti può dare una spiegazione, e senza infastidirlo troppo, riesci a scoprire che buona parte degli imbratti sono nick name, soprannomi, nomignoli, sigle, data di nascita dell’autore … Ti assale allora un pensiero che ti fa considerare come tanti hanno bisogno di affermare se stessi, di dire “ci sono anch’io!”, “io esisto!” E’ forse per questo non riescono più ad arrivare a dichiarare un credo, una certezza, un ideale, un bene? Ritieni infatti che queste ultime cose elencate, siano possibili solo ad un io sicuro, adulto, appassionato, innamorato … innamorato di qualcosa oltre sé. La tua considerazione ad un tratto diventa impegnativa e introspettiva, inizi a renderti conto che sei nato in un mondo che ha vissuto nell’aura degli ideali del sessantotto, delle contestazioni degli anni settanta, del mito dell’esistenza di un potere proletario… Ti investe il sospetto che queste cose che ti scorrono nel sangue, qualcuno vorrebbe fossero dimenticate, e questo qualcuno spinge a che tutti si sia così annichiliti, da non avere la forza di pensare che a sé stessi.
Ma ad un tratto, il tuo sguardo - che a differenza della meditazione non ha perso d’occhio il marciapiede - impatta ancora una volta in una scritta, ed è allora, che ridestandoti dal pensiero che corre lontano dalla realtà, cedi nel riconoscere che il cuore dell’uomo è irriducibile.
Il messaggio individuato ti dice che quello che compromette la città, non è solo vittimismo delle tasse, del malcontento, della sottomissione allo statalismo; ma è innanzitutto un infinito desiderio di essere voluti e di bene.
Decidi di fare qualcosa per questo.
Inizi a cercare come un segugio le tracce che documentano la tua intuizione e ti viene in mente di catturare con la macchina fotografica i tratti inconfondibili della questione, per immortalarli … e magari ... fare un album su Facebook.
Dal giorno successivo rispetto al precedente, che potrebbe essere oggi, individui quelle lettere di senso che ti fanno sorridere, e le imprimi nella canon digitale.
Ma ancora una volta vince l’imprevisto!
Esci dalla sede del lavoro, non dal polo universitario, e con stupore ti ritrovi abbracciato da piccoli fiocchi di neve. Sono piccoli piccoli, ma nel tempo del percorso fatto in metropolitana, hanno vestito di un bianco sottile tutte le bacheche improprie che stai cercando ormai da quasi 48 ore… così ritieni possa essere concluso il tuo reportage.
Penserete: siamo alla fine della storia?
Ebbene sì, ma manca il crescendo finale.
Arrivi alla macchina parcheggiata in mattinata, e cosa ti trovi sul cofano? Una scritta.
La tua auto è diventata anch’essa una lavagna!
Non puoi crederci, ma devi arrenderti.



C’è qualcuno che ha scelto tra le tante parcheggiate a Bisceglie proprio la tua ... per lasciarti quello che cercavi: un messaggio forte, su una bacheca impropria, che manifesta di un autore con grande senso dell'umorismo, che ha ispirato uno scrittore sconosciuto!

sabato 21 gennaio 2012

Letture e immedesimazioni




"È bello il poter ricordare di poi com’erano fatti i volti umani quando uscirono da quel baratro. Ed allorché, più tardi, nel mio gabinetto oscuro, rivelai, ansioso, la piccola immagine che ora accompagna questa pagina de’ miei ricordi, speravo di scoprire in essa un documento psicologico; mi ripromettevo di vedere la figura della nostra compagna quale era in vetta, raggiante di gioia ed abbrutita dalla fatica, e svelare il segreto di quell’anima muta che non avevo saputo leggere lassù. Ma la mente non legge negli animi; la nebbia della vetta coperse di un grigio velo uniforme tutti quei valorosi. Ed ora io penso ai casi strani della vita: la figura di quella fanciulla alla quale fui legato dall’alba al tramonto per una saldissima corda e con cui non scambiai cento parole; che venne meco attraverso alcuni dei pericoli più grandi e delle commozioni più profonde della mia vita e di cui non conobbi neppure il nome, ché non lo disse, e se oggi l’incontrassi per via non la riconoscerei ne’ suoi abiti femminili, quella esile figura, dico, mi è rimasta nella mente come l’espressione più tragica, il contrasto più potente, la misura più precisa degli eventi di quel giorno. Eppure voglio bene a questa istantanea tremula e confusa che sola mi ricorda l’ignota. Io non saprò mai se essa abbia compresa la grande bellezza della salita, ma nella mia memoria quel pallido sorriso forzato, là sulla terrazza deserta, tra le durissime rupi su l’orlo dell’abisso, accresce il mistero di quei luoghi spietati e quell’ore di oscura lotta illumina di una forte poesia: la poesia del pericolo".


Guido Rey

Racconti di pareti e scalatori
a cura di Marco Albini Ferrari

venerdì 13 gennaio 2012

Pensieri evocati dal cielo di stasera



“Non ci atteniamo mai al presente. Anticipiamo l’avvenire, come se fosse troppo lento a venire, come per affrettare il suo corso; oppure affermiamo il passato come per fermarlo, come se fosse troppo veloce: tanto imprudenti da vagare nei tempi che non sono i nostri e da non pensare minimamente al solo che ci appartiene; tanto vani, da pensare a quelli che non sono più nulla e da fuggire senza riflessione il solo che è. Il fatto è che, di solito, il presente ci ferisce. Noi lo nascondiamo alla nostra vista perché ci tormenta e se ci dà gioia noi ci affliggiamo di vederlo fuggire […]. Ognuno esamini i suoi pensieri: li troverà completamente tesi al passato o all’avvenire. Noi non pensiamo mai al presente; e, se ci pensiamo, non lo facciamo che per prenderne la luce per disporre dell’avvenire. In tal modo noi non viviamo mai, ma speriamo di vivere; e, disponendoci a essere felici, è inevitabile che non lo siamo mai”


Pascal B. , Pensieri, n. 362. Einaudi, Torino 1962, pp 158-159

venerdì 6 gennaio 2012

Grata per questa Epifania!


"... Sono più di 30 anni che scatto fotografie time-lapse dei fiori, senza interruzione,
24 ore al giorno, sette giorni alla settimana. E vederli muovere è
una danza che non mi stancherà mai. La loro bellezza ci immerge nei colori,
nel gusto, nel piacere del tatto, e ci procura un terzo del cibo che mangiamo.
Bellezza e seduzione sono lo strumento della natura per la sopravvivenza,
perché noi proteggiamo ciò di cui ci innamoriamo. Ci apre il cuore e ci fa
accorgere che siamo parte della natura, non ne siamo separati. Vedere noi
stessi nella natura ci mette anche in contatto gli uni con gli altri, perché è
chiaro che tutto è connesso, è una cosa sola. Quando la gente vede le mie
fotografie, spesso dice: «Oh, mio Dio!». Vi siete mai chiesti che cosa voglia
dire? «Oh»: vuol dire che ha attirato la tua attenzione, ti fa essere presente,
attento. «Mio»: vuol dire che ha toccato qualcosa nel profondo della tua anima,
crea un varco per la tua voce interiore che possa ergersi e farsi sentire. E
«Dio»? Dio è quel viaggio individuale che vogliamo fare tutti, che ci dà ispirazione,
ci fa sentire che siamo parte di un universo che celebra la vita. Sapevate
che l’80% delle informazioni che riceviamo ci viene tramite gli occhi?
Se paragonate l’energia della luce alla scala musicale, l’occhio nudo potrebbe
vedere soltanto un’ottava, proprio quella centrale. E non siamo grati per
il nostro cervello che coglie l’impulso elettrico che viene dall’energia della
luce per creare immagini in modo che possiamo esplorare il mondo? E non
siamo grati che abbiamo un cuore che possa sentire queste vibrazioni che ci
permettono di sentire il piacere e la bellezza della natura? La bellezza della
natura è un dono che coltiva l’apprezzamento e la gratitudine. Allora io ho
un dono che voglio condividere con voi oggi, un progetto che sto portando
avanti che si chiama la “felicità rivelata”. Ci aprirà uno squarcio dentro
quella prospettiva dal punto di vista di una bambina e di un anziano.
Bambina: Quando guardo la tivù, sono soltanto spettacoli, scene che sono
finte, e quando vai a esplorare ti viene più immaginazione di quanta ne
avevi prima. E quando hai più immaginazione ti vien voglia di andare più
in là – nel profondo –, così vedi più cose che sono più belle, per esempio un
sentiero potrebbe portarti a una spiaggia o qualcosa potrebbe essere bello.
Anziano: Tu pensi che questo sia soltanto un altro giorno nella tua vita;
non è soltanto un altro giorno, è l’unico giorno che ti è dato oggi. È donato a
te, è un dono. È l’unico dono che hai qui e ora, e l’unica risposta appropriata
è la gratitudine. Se non fai nient’altro che coltivare quella risposta al grande
dono di questo giorno unico, se impari a rispondere come se fosse il primo
e ultimo giorno della tua vita, allora avrai speso questo giorno molto bene.
Comincia aprendo i tuoi occhi e sii sorpreso dal fatto che hai degli occhi da
aprire. Quei raggi incredibili di colori che ci vengono offerti in continuazione
per il nostro puro godimento. Guarda il cielo! Guardiamo il cielo così raramente.
Notiamo così raramente come è diverso da un momento all’altro
con l’andirivieni delle nuvole. Pensiamo soltanto al tempo che fa, ma anche
del tempo che fa non cogliamo tutte le sottili variazioni, pensiamo solo al bel
tempo o al maltempo. Questo giorno, ora, il tempo che fa è unico, magari
non sarà mai più esattamente come oggi, quella formazione precisa delle
nuvole non avverrà mai più come è ora. Apri gli occhi, e guarda! Guarda i
volti delle persone che incontri. Ognuno ha una storia incredibile dietro il
proprio volto. Una storia che non potresti mai scandagliare fino in fondo,
veramente. Non solo la loro storia, ma quella dei loro avi. Hanno tutti una
storia così antica. E in questo momento, in questo giorno, tutta la gente che
incontri, tutta la vita di tutte le generazioni da innumerevoli luoghi in tutto
il mondo, si riunisce in un flusso unico e ti incontra qui come un’acqua che
ti dà vita se solo apri il cuore e bevi. Apri il cuore ai doni incredibili che ci
dà la civiltà: devi soltanto girare un interruttore ed ecco la luce elettrica,
apri il rubinetto ed esce l’acqua calda, l’acqua fredda e l’acqua potabile. È
un dono che milioni di persone nel mondo non sperimenteranno mai. Sono
solo alcuni degli innumerevoli doni cui possiamo aprire il cuore. E quindi
ti auguro di aprire il cuore a tutte queste benedizioni, lascia che fluiscano
attraverso di te. Ognuno che ti incontri oggi sia benedetto da te, soltanto
dal tuo sguardo, dal tuo sorriso, dal tuo tocco, soltanto dalla tua presenza.
Che la gratitudine trabocchi in una benedizione intorno a te, e allora sarà
davvero una buona giornata".

mercoledì 4 gennaio 2012

Ferie di Capodanno



Silvano (e non solo ... ) è felice!