venerdì 21 agosto 2009

Un libro che ha accompagnato la gita ad Otranto


“Mi è piaciuta subito questa vostra città, quando arrivai due anni or sono, perché è una vera città di pescatori, di uomini forti, antichi come la terra. Vedi, piccina, se tu entri nel giardino di una villa e trovi che fra prati e aiuole di fiori ben distribuiti, nemmeno un’erba grama ha potuto metter radici, nemmeno una foglia secca marcire in un angolo, tu senti la presenza invisibile di un cuore esperto e vigile che crea tanta armonia. Il popolo otrantino, che fa zitto le sue cose, assomiglia a quel giardiniere. Capisci, vero?”
Maria Corti “L’ora di tutti” Tascabili Bompiani

Una lettura estiva


Anche con il caldo dell’estate, leggere delle verità, affascina:
“uccisi perché? Per il sogno di un gruppo di esaltati che giocavano a fare la rivoluzione, si illudevano di essere spiriti eletti, anime belle votate a una nobile utopia senza rendersi conto che i veri «figli del popolo», come li chiamava Pasolini, stavano dall’altra parte, erano i bersagli della loro stupida follia”.

“Così, domenica dopo domenica, anno dopo anno, abbiamo imparato cose che a dirle sembrano ridicole tanto dovrebbero essere patrimonio comune: che c’erano due Italie e che non ce n’era per definizione una buona e una cattiva, che entrambe avevano cose che ci piacevano, che da tutte e due le parti c’erano persone per bene, che a destra, a sinistra, al centro si potevano trovare risate, affetto, belle chiacchierate, discussioni, disagio o tristezza”.

“Quella mattina salii con la prima funivia, quella dei maestri con le giacche a vento rosse, le piste erano ancora intonse, la neve scricchiolava sotto gli sci. Quando arrivai a guardare la parete di roccia dell’Aiguille Noire de Peutérey, che slancia la cima del Monte Bianco, ero completamente solo. Fermo con gli occhi fissi sul ghiacciaio prima trovai il nonno, poi papà Gigi. Rimasi ad ascoltarlo a lungo e sentii che era giusto guardare avanti, camminare, impegnarsi per voltare pagina nel rispetto della memoria. Dovevo portarlo con me nel mondo, non umiliarlo nelle polemiche e nella rabbia, così non l’avrei tradito. Bisognava scommettere tutto sull’amore per la vita.
Non ho più cambiato idea”.
Mario Calabresi “Spingendo la notte più in là” Arnoldo Mondadori Editore

Vacanza salentina


Il sole sorge veloce; quando non sono ancora pronta per partire, è già alto.
Salviettoni da mare, materassino, sdraio, ombrellone, creme solari.
La borsa termica per l’acqua, un melone “della Fattoria” e qualche taralluccio.
Auto rigorosamente parcheggiata, tenendo conto di dove cade al mattino l’ombra, del muretto di cinta della casa.
La perlustrazione della costa è durata tutta la prima settimana: da Porto Selvaggio a Lido Pizzo, da Lido Conchiglie alla Baia della Suina, da Santa Caterina a Gallipoli.
Il mare ha un colore meraviglioso, dato anche dalla trasparenza dell’acqua.
Un pomeriggio ho contato almeno quindici sfumature: marrone sabbia, vicino alla riva; una serie di verdi, nella fascia centrale; fino a raggiungere un blu intenso, all’orizzonte.
La costa è a tratti bassa, con spiaggia, e a tratti scogliosa con pendii.
Studiate meticolosamente dai Normanni, una serie di Torri la dominano; come se ancora oggi, ci si dovesse difendere dai Saraceni.
Chi sta con me, non ha potuto fare a meno di mettere come sfondo al desktop del palmare, questo spettacolo.
Quando sono sotto l’ombrellone; cerco di leggere e a tratti mi abbandono al sonno.
Quando sfido il sole; non posso dimenticare la crema…
In ogni caso, il passatempo preferito è lasciar correre i pensieri, con lo sguardo rivolto all’infinito.
Il paesaggio è solo tenda, di un grande palcoscenico.
I bagni sono freschi, una volta è stato possibile riscoprire una grotta costiera, dall’acqua gelida.
Tutto noto, ma sempre nuovo.
I ricordi e le sensazioni, riemergono potenti.
La pelle che li avverte, è comunque la mia, ma non è più la stessa.
Nel tempo che scorre, tante cose sono cambiate.
In ogni caso, affetti famigliari, mi legano a questa terra in modo speciale, e delle persone del posto, resta un saluto inconfondibile: “Ciao, Signora!”.
Ne conservo l’efficacia, in attesa di tornare!